É la notte del 17 dicembre 1899, manca una settimana all’inizio del Giubileo Secolare. Nel monastero viterbese di San Filippo al Marta, l’ottantenne abate Francesco, seduto al suo scrittoio colmo di libri, è immerso nella lettura.
Quando sente suonare la campanella del portoncino d’ingresso un sorriso gli affiora alle labbra, prende un volume bruciacchiato e portandolo con sé va ad aprire.
Dal buio, stremati dal viaggio lungo la Via Francigena, emergono quattro viandanti diretti a Roma. Il monaco benedettino, felice di vederli, li guida in biblioteca, facendo attenzione a non imbattersi nei confratelli che percorrono salmodiando i tetri corridoi dell’abbazia. Cosa nasconde l’anziano religioso che non si separa mai da quel malconcio libro le cui pagine sono tutte bianche?
Chi sono quegli enigmatici viaggiatori che, oltre che da Paesi diversi, sembrano addirittura provenire da epoche differenti e remote? Possibile che al cospetto dell’abate siano giunti l’arcivescovo inglese Sigerico di Canterbury dal 990; la vedova e analfabeta castigliana Maria Rodriguez dal 1350; il nobile capitano di ventura tedesco Goetz Von Berlichingen dal 1550; il mercante di vini ed ex rivoluzionario francese Jean Baptiste Fournier dal 1825?
E per quale sortilegio, contemporaneamente all’arrivo dei viaggiatori, preannunciato da sangue ed eventi inquietanti, è apparso il Diavolo a minacciare le vite di tutti loro?
La storia di questo libro è iniziata una quindicina di anni fa, quando Guido Fiandra, venendo a conoscenza del viaggio di Sigerico e della Via Francigena, ne fu affascinato. Dopo averne approfondito la storia e visitato alcuni tratti, paesi e città, si fece una domanda: come mai il Cammino di Santiago di Compostela è ancora così popolare e percorso da moltitudini di persone sia credenti che laiche, mentre la Via Francigena – la cui rilevanza religiosa e storica è altrettanto grande, essendo stato il tracciato sul quale già dal Medioevo si è sviluppato il concetto di Europa – è molto meno conosciuta e frequentata?
Ne parlò con Andrea Zauli, Fabrizio Fangareggi e Pierluigi Fabbri, suoi amici autori, proponendo loro di partire assieme per un viaggio: scrivere un romanzo che si dipanasse lungo un millennio e avesse come ambientazione la Francigena Strata, come veniva chiamata nel Medioevo. Il progetto prese corpo a partire da un’idea per la storia principale alla quale Fiandra aveva già cominciato a lavorare.
Tutti e quattro assieme avrebbero sviluppato il racconto che doveva fare da cornice, mentre ognuno di loro avrebbe scritto autonomamente il racconto di viaggio di ciascun personaggio, differenziandolo per tono e stile da quello degli altri.
Ciò da cui gli autori furono subito attratti era la possibilità di creare una rete di immagini e personaggi di diverse epoche, che illuminasse simbolicamente ogni chilometro del tragitto lungo i quattro Paesi nei quali si snoda – Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia – più i due ai quali è legata – Spagna e Germania –, per alimentare, con la forza invisibile ma immensa delle storie, tra realtà e finzione, la mitologia di questo meraviglioso percorso.
È con questo spirito e passione, in quest’ottica mitopoietica, che abbiamo composto Di Gelo e di Fuoco, che ora affidiamo a tutti quelli che vorranno leggerlo.
Tommaso, prendendo il nome di Francesco, si fa monaco nell’abbazia di Badia a Pozzeveri, a pochi chilometri dalla casa familiare, dove rimane vent’anni. Ne ha circa sessanta quando viene nominato priore e, su sua richiesta, trasferito all’abbazia di San Filippo al Marta che dispone di una grandissima collezione di libri, fondamentali per l’approfondimento e gli studi – sia quelli religiosi, sia quelli storici, in particolare sul Medioevo e sulla sua amata Via Francigena – ai quali dedica la maggior parte del suo tempo, rinunciando anche al sonno.
Nel 990 parte per Roma per ricevere dalle mani del Pontefice, Giovanni XV, il pallium, il mantello simbolo della dignità arcivescovile che nel medioevo i vescovi dovevano recarsi a ritirare personalmente. Rigoroso e misogino, è animato da un’incrollabile fede tanto nella Parola di Dio quanto nel potere temporale della Chiesa. Il suo portamento composto e severo, la sua rettitudine e inflessibilità, che gli sono valsi l’appellativo di Sigerico il Serio, celano anche un lato buono e generoso che si rivela particolarmente nel sincero affetto per i due giovani chierici che lo accompagnano.
Figlia di un rabbino e di una speziale, a dodici anni, durante le persecuzioni contro i giudei, le vengono massacrati i genitori. Nonostante sia soltanto una bambina, intuisce che per salvarsi deve fuggire dal paesino e cambiare identità.
Raggiunge Burgos, capitale della Castiglia, dove si presenta come Maria, una sventurata orfanella cristiana. Passano gli anni e la ragazza diventa una donna, mantenendo il segreto delle proprie origini con tutti, perfino col sacerdote che la salva offrendole un lavoro di servetta, con l’uomo che sposa in chiesa, nonostante non sia battezzata, e con i tre figli che fa battezzare.
Fin da piccolo è addestrato all’uso delle armi. A diciotto anni, al suo primo ingaggio, conquista i galloni di vice-comandante e perde la mano destra in combattimento.
Da allora non smette più di uccidere. Nella sua lunghissima carriera, come ufficiale di eserciti reali, pontifici, mercenari si batte contro qualsiasi nemico. Dovendo prima di tutto salvare la pelle e quella dei suoi uomini Goetz non ha il tempo di pensare all’anima, né all’esistenza di Dio, finché a settant’anni, disgustato dal conflitto fratricida esploso fra tedeschi cattolici e protestanti dopo la pubblicazione delle tesi luterane, non si mette in viaggio per la Terra Santa per pacificare la sua anima.
Figlio di un servo della gleba, dopo un’infanzia passata a sgobbare per quei parassiti dei nobili, è affascinato dalla tempesta rivoluzionaria e a diciannove anni vola a Parigi, si arruola nella Guardia Nazionale e combatte sulle barricate.
Dopo la proclamazione della Repubblica e la decapitazione dei regnanti, Jean Baptiste – che oltre a sentimenti libertari ha un gran fiuto per gli affari – s’impossessa delle terre di un nobile ghigliottinato e con idee innovative si mette a coltivare le viti, ne migliora la produzione e la qualità e crea un eccellente pinot nero di Borgogna, diventando in breve tempo uno dei maggiori produttori della Côte d’Or e, in pratica, un capitalista.
La Via Francigena moderna è figlia del Consiglio d’Europa e degli ideali di dialogo interculturale, di rispetto dei diritti dell’uomo e di democrazia politica che esso promuove. Nel 1987, due anni prima della caduta del muro di Berlino, il Consiglio d’Europa lanciò il Programma degli Itinerari culturali, strumento lungimirante e geniale per far conoscere ai cittadini europei e di tutto il mondo la storia, la geografia e le culture dei popoli europei. Nel 1994 la Via Francigena, che attraversa quattro grandi Paesi d’Europa – Italia, Svizzera, Francia e Regno Unito – entrò nel Programma e venne dichiarata Itinerario culturale del Consiglio d’Europa. E questo a buon titolo, come le parole dell’insigne storico francese Jacques Le Goff mostrano: “Oggi ci rendiamo conto, se consideriamo la realtà e guardiamo con attenzione alla Storia, che c’è qualcosa di più importante che non i soldati e le merci che transitano lungo le strade; questo qualcosa sono le culture. Ecco introdotta la Via Francigena che io penso possa essere considerata, essenzialmente, una via di culture”.
Chi oggi percorre la Via Francigena, a piedi o in bicicletta con il ritmo naturale del viandante di un tempo, riappropriandosi della cultura del “viaggio lento”, può scoprire itinerari ricchi di storia e di tradizioni; può incontrare monumenti che ancora parlano della cultura del pellegrinaggio, come il duomo di Fidenza, costruito in fregio alla Via Francigena; può riscoprire gioielli nascosti d’architettura come la romanica Pieve di Bardone, ai piedi dell’antico valico di Monte Bardone (Cisa); può visitare e toccare santuari e reliquie che da secoli attirano i pellegrini, come il misterioso e celebre Volto Santo venerato nella Cattedrale di S. Martino di Lucca prefigurazione della Veronica romana, o le belle “maestà” (effigi della Vergine) in marmo di Carrara poste sulle facciate delle case lungo le strade della Lunigiana e della Versilia.
Tesori non sono solo i “luoghi del sacro”, ma anche numerosi “luoghi del profano” come la vasca termale medioevale di Bagno Vignoni, presso Siena. Splendido ristoro. E poi, nel Viterbese, le terme romane naturali di Bagnaccio, o è possibile ancora camminare sul basolato della via Cassia romana affiorante nell’erba a Capranica, fra i noccioleti, in luoghi legati al ricordo di Carlo Magno e delle chanson de geste, e nella zona di Baccano, presso Roma.
Con la natura e con la storia emergono anche le antiche infrastrutture del viaggiare: granai e ponti fortificati, ospedali, stazioni di posta, cisterne, mulini, antiche locande…
Associazione Europea delle Vie Francigene
Nella realtà storica, Sigerico, che si recò a Roma per ricevere il pallium da papa Giovanni XV, annotò le 79 tappe del suo itinerario durante il viaggio di ritorno a Canterbury. Noi, per esigenze narrative, abbiamo scelto di fargli scrivere il Diario durante il viaggio di andata.
I Urbs, Roma, Borgo Leonino
II Johannis VIIII (La Storta)
III Bacane (Valle di Baccano)
IIII Suteria (Sutri)
V Furcari (Vetralla)
VI Sce Valentine (Bullicame)
VII Sce Flaviane (Montefiascone)
VIII Sca Cristina (Bolsena)
IX Aquapendente (Acquapendente)
X Sce Petir in Pail (Abbadia San Salvatore)
XI Abricula (Castiglione d’Orcia)
XII Sce Quiric (San Quirico d’Orcia)
XIII Turreiner (Torrenieri)
XIV Arbia (Ponte d’Arbia)
XV Seocine (Siena)
XVI Burgenove (Monteriggioni)
XVII Aelse (Pieve d’Elsa)
XVIII Sce Martin in Fosse (Molino d’Aiano)
XIX Sce Gemiane (San Gimignano)
XX Sce Maria Glan (Pieve di Santa Maria Assunta a Chianni)
XXI Sce Peter Currant (Pieve dei Santi Pietro e Paolo a Coiano)
XXII Sce Dionisii (Borgo San Genesio)
Attraversamento dell’Arno (Arne)
XXIII Arne Blanca (Fucecchio)
XXIV Aqua Nigra (Ponte a Cappiano)
XXV Forcri (Porcari)
XXVI Luca (Lucca)
XXVII Campmaior (Camaiore)
XXVIII Luna (Luni)
XXIX Sce Stephane (Santo Stefano di Magra)
XXX Aguilla (Aulla)
XXXI Puntremel (Pontremoli)
XXXII Sce Benedicte (Montelungo)
Passo della Cisa
XXXIII Sce Moderanne (Berceto)
XXXIV Philemangenur (Felegara)
XXXV Metane (Medesano)
XXXVI Sce Domnine (Fidenza)
XXXVII Floricum (Fiorenzuola d’Arda)
XXXVIII Placentia (Piacenza)
Attraversamento del Po
XXXIX Sce Andrea (Corte Sant’Andrea)
XL Sce Cristine (Santa Cristina)
XLI Pamphica (Pavia)
XLII Tremel (Tromello)
XLIII Vercel (Vercelli)
XLIV Sca Agath (Santhià)
XLV Everi (Ivrea)
XLVI Publei (Montjovet)
XLVII Agusta (Aosta)
XLVIII Sce Remei (Saint-Rhémy-en-Bosses)
Passo del Gran San Bernardo
XLIX Petrecastel (Bourg-Saint-Pierre)
L Ursiores (Orsières)
LI Sce Maurici (Saint-Maurice)
LII Burbulei (Versvey)
LIII Vivaec (Vevey)
LIV Losanna (Losanna)
LV Urba (Orbe)
LVI Antifern (Jougne)
LVII Punterlin (Pontarlier)
LVIII Nos (Nods)
LIX Bysiceon (Besançon)
LX Cuscei (Cussey-sur-l’Ognon)
LXI Sefui (Seveux)
LXII Grenant (Grenant)
LXIII Oisma (Humes)
LXIV Blaecuile (Blessonville)
LXV Bar (Bar-sur-Aube)
LXVI Breone (Brienne-la-Vieille)
LXVII Domaniant (Donnement)
LXVIII Funtaine (Fontaine-sur-Coole)
LXIX Chateluns (Châlons-en-Champagne)
LXX Rems (Reims)
LXXI Corbunei (Corbeny)
LXXII Mundlothuin (Laon)
LXXIII Martinwaeth (Seraucourt-le-Grand)
LXXIV Duin (Doingt)
LXXV Atherats (Arras)
LXXVI Bruwaei (Bruay-en-Artois)
LXXVII Teranburh (Thérouanne)
LXXVIII Gisne (Guînes)
LXXIX (?): una tappa intermedia di cui non sono rimaste tracce testimoniali, probabilmente una stazione di posta.
LXXX Sumeran (Sombre)
Attraversamento canale della Manica
(?) (Dover)
Canterbury (Canterbury)
Nato a Genova nel 1946, vive e lavora a Roma. Regista, sceneggiatore, autore televisivo e teatrale, docente di cinema, nel corso della quarantennale carriera ha esplorato numerosi linguaggi della narrazione e della visione, alternando scrittura e regia, spaziando tra cinema di finzione e documentaristico, televisione, fotografia, arte, teatro e opera lirica. Per Dino Audino Editore cura una collana di libri di cinema di docenti americani dell’UCLA di Los Angeles. È socio fondatore della WGI (Writers Guild Italia). Da due decenni è docente del Corso di Regia e Sceneggiatura dell’Accademia del Cinema di Bologna.
Romagnolo, ha lavorato come product manager a Ravenna, copywriter a Milano e sceneggiatore a Roma, scrivendo per il cinema e la TV. Tra i suoi lavori, il lungometraggio Carta Bianca, che nel 2013 vince il premio per la distribuzione al Rome Independent Film Festival, e il melò televisivo per Rai Uno Il Paese Delle Piccole Piogge. Insegna a lungo a Cinecittà e dagli anni Novanta, oltre alla penna, usa la matita, producendo un disegno al giorno, tutti i giorni. Vive tra Faenza e la Capitale.
Assicuratore emiliano, è appassionato di Storia sin dall’infanzia. Scrive racconti storici e fantastici. È stato nella giuria dei premi letterari reWritten nel 2004 e (secret) Unveiled nel 2005, organizzati da KULT Underground / KULT Virtual Press, il secondo con la sponsorizzazione di Edizioni Clandestine. Per David and Matthaus ha pubblicato nel 2016 il romanzo Il confine del buio, scritto a quattro mani con l’amico Fabrizio Fangareggi, e nel 2018 Il buio di York.
Nato a Modena nel 1971. Da sempre innamorato di letteratura e cinema, dopo la maturità si è diplomato al Corso di Regia e Sceneggiatura all’Accademia del Cinema di Bologna. Con il suo primo romanzo, Ekhelon – Frammenti di Guerre Dimenticate (Nocturna, GDS Edizioni), ha vinto il Premio Letterario Nazionale Cittadella 2014. Diversi anche i racconti pubblicati su antologie e riviste. Per David and Matthaus ha pubblicato nel 2016 il romanzo Il confine del buio, cui ha fatto seguito nel 2018 Il buio di York. Sempre nel 2018 è uscito il romanzo Yberros – L’ultimo soldato (Watson Edizioni).
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